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PERCHÉ L’IDROGENO VERDE È PIÙ DI UNA SPERANZA?

Nuovo appuntamento con il tema della Transizione Energetica. Questa volta, approfondiamo alcuni aspetti importanti dell’idrogeno verde.

A cura di Pasquale Stumpo
[CEO di SYNIERGY]

PROTAGONISTA DELLA DECARBONIZZAZIONE.

Dopo aver affrontato il tema della riqualificazione dei siti dismessi, questa volta tocca all’idrogeno verde. Perché è considerato un protagonista della decarbonizzazione?

La sua combustione non comporta la produzione di CO2, ma solo di acqua e questo lo rende un vettore fondamentale per decarbonizzare radicalmente interi settori produttivi della nostra economia.

Quando parliamo di idrogeno verde?

Quando l’idrogeno, un gas che tende a sfuggire dall’atmosfera ed è scarsamente presente sul nostro Pianeta in forma libera e molecolare, viene prodotto per elettrolisi dall’acqua con l’impiego di energia rinnovabile.

La strategia europea prevede un incremento dell’idrogeno nel mix energetico fino al 13-14% entro il 2050, con un obiettivo di nuova capacità installata di elettrolizzatori per idrogeno verde pari a circa 40 GW a livello europeo.

Tuttavia, la necessità di diminuire la dipendenza dalle importazioni di gas naturale, che si è intensificata con il recente conflitto in Ucraina, ha ridotto drasticamente i tempi e ci costringe a raggiungere risultati maggiori.

I produttori di motori a combustione interna, caldaie industriali e turbine a gas, si sono messe in moto da tempo per sviluppare modelli idonei che funzionano con il 100% di idrogeno. Già oggi, con piccole modifiche impiantistiche, è possibile alimentare gli impianti esistenti con un mix di idrogeno e gas naturale. Questo avvia un processo di decarbonizzazione che dovrebbe completarsi entro il 2050.

UN ESEMPIO CONCRETO.

Prendiamo una centrale termoelettrica a ciclo combinato della potenza di circa 40 MW che lavora attorno alle 6-7.000 h/anno, che deve compensare circa 120.000 tonnellate di CO/anno.

Negli anni 2014-2015, la centrale ha acquistato quote al prezzo di 5 €/ton e speso complessivamente 600.000€. Lo stesso impianto, per compensare le emissioni 2022, dovrà acquistare quote nell’intorno di 90 €/t, spendendo quasi 11 Ml€!

Questi costi, unitamente agli aumenti del prezzo del gas, si riflettono direttamente sul prezzo dell’energia prodotta dagli impianti “tradizionali”, con oneri ulteriori su consumatori industriali e famiglie. 

Si calcola che in Italia, nel 2021, siano state emesse circa 320 Mt di CO2*.

I SETTORI COINVOLTI E I PASSAGGI CHIAVE.

Se tralasciamo i classici settori hard-to-abate come la siderurgia, i cementifici e le vetrerie, caratterizzati da un’alta intensità energetica, ci sono interi settori produttivi che utilizzano calore per i loro processi:

  • Il Food & Beverage;
  • Il Tessile;
  • Il Farmaceutico;
  • Il Settore Ospedaliero;
  • L’Industria Chimica.

Questi mercati potrebbero essere gradualmente convertiti all’idrogeno, con risultati in termini di decarbonizzazione capillare e omogeneamente distribuiti sul territorio nazionale.

Ma il percorso verso un’economia a idrogeno verde passa necessariamente attraverso la possibilità di poter realizzare impianti a fonte rinnovabile per alimentare gli elettrolizzatori. Inoltre, per rendere l’idrogeno concorrenziale con il gas naturale occorrerà sostenere i necessari investimenti impiantistici (bruciatori, generatori di vapore, elettrolizzatori, impianti fotovoltaici dedicati) e defiscalizzare la produzione di energia rinnovabile dedicata all’elettrolisi.

Il quadro normativo di riferimento è in continua evoluzione e stanno per essere adottati importanti provvedimenti in tal senso.

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